Questa la newsletter dell'ex campione Orlando Pizzolato. Si dice che la crisi del maratoneta si presenta dopo i 30 chilometri di gara. C'è chi afferma sia il 32° km il punto critico (sono gli anglosassoni che danno questo riferimento perché per loro corrisponde al numero tondo del 20° miglio). Altri indicano il 35°km come punto di cedimento, ma qualsiasi distanza che si avvicina alla fine della maratona rappresenta il cedimento, il tanto citato “muro del maratoneta”.
La causa del drastico calo di rendimento può essere imputata a vari aspetti: essenzialmente è l'esaurimento energetico a determinare la sensazione di forte stanchezza e appesantimento muscolare. Anche il ridotto adattamento strutturale fa perdere efficienza. Un gruppo di ricercatori, un pool di fisiologi francesi e spagnoli, ha fatto delle ricerche più accurate seguendo un consistente gruppo di podisti amatori con un primato compreso tra 2h30 e 3h40'. Tra questi ne sono stati selezionati 225 perché, durante il periodo di studio, avevano evidenziato una caratteristica particolare: una marcata deriva della frequenza cardiaca. È risaputo che l'andamento delle pulsazioni sotto sforzo è destinato a crescere durante lo sforzo, ma per i soggetti adeguatamente allenati, anche se si evidenzia una deriva delle pulsazioni, il rendimento non cala. Ciò è determinato da vari aspetti: progressivo consumo di glicogeno, disidratazione, aumento della temperatura corporea, scadimento della meccanica di corsa, aumento della sofferenza muscolare. Pur in presenza di questi sfavorevoli aspetti, i maratoneti riescono a mantenere piuttosto costante il rendimento (velocità di corsa).

Nei 225 maratoneti era stato evidenziato non solo una evidente deriva della frequenza cardiaca, ma anche un crescente costo cardiaco. Questo dato si ricava dividendo le pulsazioni al minuto con la velocità di corsa. I 225 maratoneti selezionati evidenziavano un costo cardiaco che aumentava già dal 25°km. Questo particolare aspetto fisiologico è stato considerato come il preambolo del cedimento fisico e quindi dell'imminente crisi. I corridori in questione erano stati denominati “faller”, quelli che vanno inesorabilmente incontro ad un rilevante calo di rendimento.
Pertanto, alla luce di queste considerazioni fisiologiche, prima di affrontare una maratona conviene testarsi. Chi pensa sia sufficiente avere svolto i classici “lunghissimi” di 35-38km rischia di avere una visione parziale delle proprie capacità di maratoneta. Neppure una seduta di 30km al ritmo maratona è garanzia di successo in maratona. Il punto critico fisiologico potrebbe essere imminente anche dopo queste prove se non si ha il controllo della propria efficienza. Non è sufficiente aver percorso una specifica distanza; è necessario metterla in relazione con i fattori fisiologici correlati allo sforzo. In base alle indicazioni dei ricercatori, conviene identificare il proprio costo cardiaco e, una volta identificato, si deve tenerlo a riferimento nel corso della preparazione.
 

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 12 settembre 2021 alle 17:01
Autore: Redazione Tuttorunning
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