Questa la newsletter di Orlando Pizzolato. La teoria dei “marginal gains” nello sport ha origine nel periodo delle Olimpiadi di Atene del 2004: in occasione di quell'evento sportivo i ciclisti inglesi non conquistarono alcuna medaglia. La Federazione inglese di ciclismo affidò quindi a Dave Braisford la guida della squadra per recuperare credibilità, dapprima in vista dei successivi Giochi Olimpici (Pechino 2008) e specialmente per le Olimpiadi di Londra, un evento di rilevante attenzione visto che si teneva in casa.
La filosofia di Dave Brailsford si basa sul pensiero che tutto è allenabile, anche ciò che non è parte dell’allenamento. Dave pensa che quando un atleta ha già raggiunto la massima forma grazie ad un'ottima preparazione, può ancora migliorare di quel tanto che gli permette di primeggiare sul diretto avversario quando la differenza tra la vittoria e il secondo posto è molto, molto ridotta.
Non potendo svolgere un carico maggiore, l'atleta deve prestare particolare attenzione al cosiddetto “allenamento invisibile”: alimentazione, abbigliamento, scarpe (aiuto ben maggiore di un guadagno marginale visto che il vantaggio è stato del 4% circa), sonno, eccetera. Il ciclista Wiggins e il maratoneta Kipchoge sono gli atleti che dai marginal gains hanno tratto i maggiori benefici. Per poter sfruttare il vantaggio, che si può quantificare indicativamente tra l'1 e il 2%, è necessario essere supportati da specialisti che agiscono nella propria area di ambito.

C'è però anche un'altra filosofia che si colloca all'opposto dei marginal gains, ed è denominata “maximal gains”. Viene molto praticata dai corridori africani, ma non solo: in ogni parte del mondo ci sono atleti che – con il desiderio di ottimizzare il proprio potenziale – non solo si allenano tanto, ma aggiungono elementi che massimizzano gli effetti di uno specifico allenamento. L'allenarsi in quota, ad esempio, aumenta non di poco l'effetto allenante, ed è al contrario un aspetto di rilevante portata. Svolgere una seduta su percorso molto ondulato, o specialmente con il finale che comprenda una salita medio - lunga (3-5 chilometri); oppure correre sull'erba o sulla sabbia (ripetute comprese), sono altre occasioni che consentono di raggiungere un maggior livello di sollecitazione, rilevabile con una frequenza cardiaca media superiore rispetto ad un analogo allenamento svolto su asfalto. Sia nel caso della corsa con parecchio dislivello, sia nel caso di allenamenti su fondo morbido, la velocità di corsa non è un parametro al quale fare riferimento per una valutazione del carico svolto, perché il condizionamento del tracciato è rilevante. Entrambe le situazioni concorrono ad un maggiore dispendio energetico, conseguente ad un incremento del reclutamento muscolare. Pertanto, il ritmo medio della seduta sarà nettamente più lento, ma la frequenza cardiaca media più elevata.
Correre velocemente con scarpe “pesanti” (quelle che si usano per le sedute di corsa lunga e lenta) è un altro amplificatore dello sforzo, così come correre su sentieri e percorsi tipo campestre o trail moderati; rappresentano infatti una sollecitazione che amplifica lo stimolo fisiologico e muscolare.
In queste circostanze è come se “un chilometro non fosse lungo mille metri”, in quanto lo sforzo e il dispendio energetico, così come il massimo consumo di ossigeno, arrivano ad un livello tale da corrispondere ad una distanza maggiore. Per esempio, una seduta di corsa media di 10km nella quale vengono inseriti elementi di “maximal gains” corrisponde ad un allenamento di 12-13km, così come un lungo di 25km può equivalere ad un carico di 30km, e così via.
Un aspetto positivo dell'inserimento dei “maximal gains” sta nel percorrere meno chilometri pur ottenendo una sollecitazione organica maggiore, riducendo gli effetti negativi che si generano dagli impatti con la superficie.
All'opposto, un aspetto che potrebbe essere meno favorevole è la maggiore sollecitazione muscolare conseguente alla superiore applicazione di forza necessaria per procedere in salita e su fondo morbido (che assorbe e annulla l'energia cinetica). In questo caso le tensioni muscolari sono maggiori e, se non si hanno muscoli particolarmente elastici, la sommatoria delle tensioni può portare a rilevanti affaticamenti e a contratture.
Lo stretching è quindi quanto mai raccomandato, elemento che rientra in questo caso nei “marginal gains”.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 30 settembre 2024 alle 06:06
Autore: Redazione Tuttorunning
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