Chi non ha un amico podista che ora è infortunato? C'è una buona parte di corridori, sia amatori sia di alto livello, che non riesce a svolgere una regolare attività podistica. I tipi d'infortunio sono davvero tanti, spesso hanno una causa specifica e ben evidenziabile, altre volte invece sono determinati da cause subdole e per nulla identificabili. In questi ultimi casi le terapie possono anche non avere alcun effetto sul miglioramento della situazione, proprio perché non si conosce la causa che ha generato la sofferenza delle strutture interessate, e molto spesso è solo il riposo che favorisce la guarigione. Gli infortuni di tipo meccanico, vale a dire quelli correlati ad un'alterazione del modo di muoversi del soggetto, hanno origine nell'alterazione dei rapporti di carico. Il corpo umano, per quanto riguarda la parte meccanica, è composto da tiranti (muscoli e tendini) e da leve (articolazioni) che agiscono ripartendo adeguamente le forze di carico. Con il tempo può succedere che la struttura portante, vale a dire lo scheletro, subisca delle alterazioni: i tiranti (muscoli) “tirano” in maniera inadeguata e anomala, a volte troppo, in altri casi troppo poco. Il primo aspetto evidenzia un eccesso di tensioni, nel secondo caso invece è la carenza di forza ad esserne la causa. Una zona in cui tali elementi (tensione e forza) evidenziano le proprie alterazioni è spesso quella del bacino e della schiena, che sono fra loro fortemente correlate. Il bacino, si sa, fa da base proprio alla colonna vertebrale. Osservare il filmato ai raggi X di un podista che corre fa davvero un grande effetto, nel senso che sembra che lo scheletro sia destinato a “sgretolarsi” per effetto delle forze verticali che si generano ad ogni contatto dei piedi a terra. Non ci sono cedimenti, per fortuna, ma se si potesse osservare nel dettaglio il carico che ricevono le articolazioni, passerebbe la voglia di correre. Il corpo umano è però una struttura che si è evoluta a favore del movimento, e i danni peggiori che un organismo vivente subisce sono quelli dell'inattività. Quindi, per quanto traumatica sia la corsa, considerando appunto quanti podisti prima o poi sperimentano l'inattività a causa di un infortunio, fa certamente bene correre. Tuttavia, è necessario far di tutto per tenere la struttura corporea - nel suo insieme – la più efficiente possibile. Movimenti specifici che favoriscono l'allungamento muscolare sono da fare regolarmente, perché altrimenti le fibre perdono la capacità elastica di ritornare alla lunghezza naturale dopo essersi contratte. Si è soliti dedicare attenzione ai muscoli delle gambe perché sono quelli che maggiormente “lavorano”, tuttavia le strutture del bacino e della schiena subiscono elevate sollecitazioni, essenzialmente da carico negativo (gli effetti della forza di gravità). Pertanto, a fine seduta è indicato fare esercizi di distensione della schiena, meglio definiti come di “decompressione della colonna vertebrale”. Le innumerevoli sollecitazioni che riceve la schiena tendono a ridurre anche lo spazio tra le vertebre, causando la compressione di radici nervose che hanno azione sui muscoli delle gambe. Inoltre, la rigidità del movimento del bacino ha conseguenze sull'ampiezza della falcata. Ma non solo. Numerosi sono i muscoli delle gambe che hanno un'origine sul bacino, e una ridotta mobilità di questa struttura ha ripercussioni negative sulla meccanica. Tenere efficiente l'insieme strutturale di schiena e bacino non è un aspetto importante solo per il rendimento di un podista, ma anche per il benessere delle persone, specialmente quando si trascorrono svariate ore sedute alla scrivania, o guidando l'auto.
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