Scrive Orlando Pizzolato nella sua newsletter che il passare degli anni rappresenta, per gli sportivi, una sorta di handicap – di punto debole - al quale non ci si può sottrarre e ciò, si sa, determina uno scadimento prestazionale. In effetti, con il passare degli anni il corpo perde efficienza e il rendimento appunto cala, in forma soggettiva – da podista a podista – in relazione alle caratteristiche personali, ed anche in base al tipo di allenamento che si svolge. Anche per questo motivo, la struttura della preparazione deve variare nel tempo: non può essere uguale a quella svolta negli anni precedenti, proprio perché non aggiunge uno stimolo nuovo per l'organismo. Non tutti gli aspetti tecnici e fisiologici peggiorano però con il passare del tempo. Ce n'è invece uno che migliora, se ovviamente lo si allena. È il cosiddetto costo energetico, vale a dire la quantità di energia che si spende per percorrere un chilometro. Si è visto che negli atleti di alto livello (con riferimento a Kipchoge e Paula Radcliffe) questo particolare aspetto migliora mediamente del 15% nel corso degli anni. È interessante verificare che nel corso della carriera gli incrementi prestazionali dei corridori di alto livello non sono correlati ad un aumento della potenza del motore aerobico. Ad un certo punto della carriera la parabola di crescita fisiologica arriva ad un fase di culmine, oltre la quale non ci sono incrementi dei valori fisiologici (massimo consumo di ossigeno e soglia anaerobica). A questo punto i primati vengono migliorati, specialmente per le gare lunghe (mezza maratona e maratona), proprio per effetto della riduzione del costo energetico. Tuttavia non è una prerogativa esclusiva dei campioni migliorare questo aspetto tecnico: sono numerosi gli studi e le ricerche fatte anche sugli amatori.
Vari sono gli elementi tecnici sui quali agire per ottimizzare il costo energetico. Uno studio pubblicato su Sports Medicine (“Factors Affecting Running Economy in Trained Distance Runners") ha confrontato gli effetti di due tipi allenamento: uno basato solo sulla resistenza, e uno che combinava la resistenza con la forza. E' emerso che, mentre il gruppo misto aveva un VO₂ considerevolmente più basso, le loro economie di corsa erano effettivamente aumentate. Uno degli approcci più comuni dell'allenamento per migliorare l'economia della corsa è proprio lo sviluppo della forza.
Un altro aspetto che bisognerebbe migliorare, soprattutto per gare su distanze di 3, 5 e 10km, è la quantità di forza che i muscoli possono generare in un breve intervallo di tempo per effetto di un aumento della tensione dei muscoli e dei tendini. Una maggiore tenuta delle fibre muscolari e del tessuto connettivo alla sollecitazione che si genera nella fase di contatto con il terreno, consente una maggiore efficienza nell'utilizzo dell'energia elastica immagazzinata quando si allungano le fibre muscolari, consentendo un tempo d'impatto più breve con il terreno.
Anche la biomeccanica della corsa ha ovviamente effetti sul costo energetico. La lunghezza naturale del passo di un atleta allenato è correlata alla sua migliore economia di corsa piuttosto che a regolazioni specifiche. La cinematica del corpo comprende una varietà di parametri di movimento associati a una migliore economia di corsa.
Il corridore con migliore economia di corsa ha un'ampiezza relativamente bassa del proprio centro di massa, un aumento dell'oscillazione della parte inferiore delle gambe durante la falcata (diminuzione dell'angolo della parte posteriore del ginocchio) e una maggiore velocità angolare della flessione plantare durante la fase di spinta del piede.
Altri fattori biomeccanici associati a una migliore economia della corsa includono una rotazione più rapida delle spalle, la limitazione del movimento del braccio a un movimento moderato ed un maggiore range angolare delle anche e delle spalle.
Infine, la flessibilità degli arti inferiori e del busto negli atleti allenati migliora l'economia di corsa a tutte le velocità grazie a una maggiore libertà di movimento delle anche. Al contrario, alcuni studi hanno scoperto che la flessibilità ridotta della caviglia e dell'anca migliora l'economia della corsa riducendo la necessità di un'ulteriore stabilizzazione muscolare. In questo caso si afferma che, come una molla più strettamente avvolta, i muscoli meno flessibili hanno un maggiore accumulo di energia e un ritorno di energia elastica.
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