Questo il pensiero di Orlando Pizzolato. Autunno e inverno sono le stagioni ideali per dedicarsi alle corse campestri, un'attività che è sempre stata consigliata perché contribuisce ad aumentare il livello di forza e poi, in relazione alla distanza da percorrere, sollecita i meccanismi della soglia anaerobica (gare che durano 30' circa) e del massimo consumo di ossigeno (per le gare di 10-20').
Le campestri sono raccomandate anche perché sviluppano la capacità mentale a sostenere i disagi indotti dalla corsa su terreno insidioso - come il fango e l'erba - oltre che per le caratteristiche dei percorsi - come salite, discese, curve e superamento di ostacoli.
Molti podisti, sia di alto livello di rendimento, sia amatori, nei confronti delle campestri sviluppano un rapporto di amore o odio. C'è chi le apprezza perché rappresentano la vera corsa in natura, chi invece le evita per i tanti aspetti sfavorevoli.
Come ho riportato all'inizio, le campestri determinano delle sollecitazioni fisiche e fisiologiche altamente allenanti che è un peccato non sfruttare. In alternativa si possono fare allenamenti sull'erba ben curata, evitando proprio di correre in mezzo ai campi che in autunno presentano grumi di terra tali da rendere l'appoggio instabile e precario, con il forte rischio d'infortuni.
Svolgere allunghi, variazioni di ritmo, sprint in salita su tratti erbosi selezionati per la regolarità del fondo, consente di cogliere buona parte degli effetti della corsa sui prati senza buttarsi a sgomitare e ingoiare fango come avviene nelle competizioni affollate.
Certo, la gara campestre – come stimolo fisiologico – dà maggiori effetti rispetto ad un allenamento perché la durata è maggiore. Si può comunque compensare correndo sedute di ripetute medie o lunghe, oppure un corto veloce su un circuito erboso.
Un'altra occasione per simulare gli effetti della corsa campestre viene dalla corsa in salita, in particolare dalle sedute di corto veloce o corsa media che durano tanto quanto una gara di cross e che vanno svolte su pendenze del 5-8% (denominate anche “cronoscalate”). In queste prove la sollecitazione fisiologica e muscolare non ha niente da invidiare agli effetti di un cross. La corsa in salita può essere svolta anche nella modalità intervallata, come l'interval training – e quindi in forma organizzata – oppure come il fartlek - e quindi basandosi sulle sensazioni e sull'entità dello sforzo che si decide di sostenere. In quest'ultimo caso si percorre un lungo tratto in salita facendo accelerazioni e recuperi in base alla voglia di impegnarsi.
La modalità dell'interval training va invece organizzata a tavolino e si può strutturare la seduta “a tempo” o “a distanza”. Pertanto si può alternare 1' di corsa svelta a 1' di corsa in scioltezza, oppure si percorrono 200m forte e poi 200m lentamente. Nelle sedute intervallate in salita una considerazione particolare va fatta sulla durata del recupero perché – come si può immaginare – se la pausa viene fatta procedendo di corsa blanda, in salita l'impegno muscolare è maggiore rispetto alla pianura. In pratica, serve più tempo rispetto alla pianura affinché l'organismo ritorni ad uno stato simile a prima della prova.
Di conseguenza i tempi di recupero devono essere più lunghi rispetto ad una seduta intervallata svolta in pianura, altrimenti lo stato di acidificazione del sangue sale molto, e dopo qualche accelerazione si è costretti ad interrompere la sequenza di prove. Quindi, per un'accelerazione di 1', il recupero non deve essere inferiore a 1'30”, ma può essere anche di 2'. Diverso è il discorso se si decide che il recupero corrisponda ad una determinata distanza, perché si può gestire meglio lo sforzo.
Inoltre, il recupero da fermi non è da escludere nelle sedute intervallate in salita. In questo caso la durata della pausa è corretto fissarla sulla frequenza cardiaca, che deve essere inferiore di 25-30 battiti rispetto a quella massima raggiunta nella prova precedente.

Per concludere, l'aspetto sfavorevole della corsa in salita riguarda il ritorno in pianura, che non andrebbe fatto di corsa quando si tratta di percorrere più di 3km, perché gli effetti delle forze che si generano ad ogni contatto dei piedi determinano uno stress meccanico molto alto sui muscoli. La sommatoria degli effetti delle contrazioni, concentriche quando si corre in salita, ed eccentriche quando si corre in discesa, potrebbe causare un alto livello di stress, difficilmente assimilabile in qualche giorno di carico leggero.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 24 gennaio 2024 alle 06:42
Autore: Redazione Tuttorunning
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