All'indomani del record del mondo 2h01'39” di Kipchoge fatto a Berlino, erano comparsi dei filmati che ritraevano dei podisti che provavano a correre sul tapis roulant alla velocità corrispondente a quella prestazione, vale a dire 20,8km/h, e quindi 2'53”/km. C'era chi riusciva a percorrere qualche centinaio di metri prima di dover abbandonare. Non è affatto semplice tenere quel passo senza fare un adeguato riscaldamento, sia per consentire al cuore di pompare una gran quantità di sangue ai muscoli, sia per permettere alle fibre muscolari di contrarsi ed esprimere la potenza necessaria, ed anche per rilassarsi e ripetere a lungo quel compito. I filmati ben evidenziano le difficoltà di questo secondo aspetto, correlato alla meccanica di corsa; con questo non mi riferisco allo stile, ma alle due componenti che compongono la falcata e permettono di correre a quell'andatura, vale a dire la forza e la rapidità di esecuzione. Per correre a 20,8km/h è necessario tenere una cadenza di circa 180 passi al minuto, e quindi ogni passo deve essere lungo circa 190cm. Al di là dell'aspetto curioso di quali siano le difficoltà per un amatore di correre velocemente, la domanda che ogni podista dovrebbe farsi è se vale la pena, ogni tanto, fare delle prove in cui si corre ad impegno paramassimale. La risposta è affermativa, ovviamente, perché è evidente quali siano gli effetti della perdita di efficienza conseguente alla mancanza di stimoli di forza e rapidità. Se perdiamo la capacità di correre velocemente andiamo a condizionare anche la resistenza, perchè resistere non significa solo durare nel tempo, ma va correlato ad una specifica velocità. Per esempio, correre la maratona è certamente una prova di resistenza, ma per terminare la gara in 3h30' è necessario mantenere costante la velocità di 12km/h. Questa andatura di 5'/km, che appare semplice da sostenere per buona parte della prova, con il passare del tempo (e dei chilometri) diventa un compito difficile, non solo per aspetti metabolici (produzione di energia), ma anche meccanici (trasferimento dell'energia). Quindi, se non si è in grado di trasferire l'energia prodotta dai muscoli in movimento, c'è dispersione meccanica. Tutti i podisti sono soggetti a questo aspetto, chi prima, chi dopo, ma quelli che lo evidenziano più tardi sono coloro che resistono di più. Un modo per migliorare il trasferimento di energia è abituarsi a fare quel gesto. Quanti podisti si trovano fortemente limitati a tenere il passo che Kipchoge tiene per due ore, e che ripete per ventiduemila volte circa? Se la prova di correre sul tapis roulant al passo di 2'53”/km per imitare Kipchoge, ce l'avessero proposta 20, 30, 40 anni fa, sono certo che io e i miei coetanei non avremmo sfigurato.
Ora non è più così, e la causa non è solo l'invecchiamento: semplicemente perché non siamo più allenati a quella specifica velocità. Ci sono podisti che non percorrono 100m, per esempio in 20 secondi, da decenni ed in questo caso è normale che non siano più in grado di farlo. Pensiamo quindi se dovessero correrli in 17 secondi...
Dopo tanto tempo il corpo ha perso completamente le funzioni necessarie per correre velocemente, ma ci sono altri corridori che invece riescono a farlo perché ogni tanto fanno qualche “tirata”, ed è per questo che regolarmente si dovrebbe fare una “sgasata”, al fine di mantenere efficiente il trasferimento dell'energia in movimento. Questi tipi di allenamenti vengono fatti un po' da tutti gli atleti di alto livello: ogni tanto corrono molto più velocemente del ritmo che tengono in gara. Oltre a mantenere allenati gli aspetti fisici, è vantaggioso verificare che si è in grado di correre forte (sempre in relazione a sé stessi) perché l'esito contribuisce anche ad aumentare l'autostima.
Una volta ogni dieci giorni si può provare a correre con il “turbo”, percorrendo alcuni tratti di 100m ad alta velocità, oppure 2-3 prove di 200-300m, o anche una sola “sparata” di 400-500m. Quando mi riferisco al fatto di sostenere delle prove molto veloci è evidente che l'impegno fisico è molto alto, e così le tensioni muscolari. Questa situazione diventa un forte limite per tanti corridori, specialmente perché, oltre ad aver perso la capacità di correre velocemente, tanti amatori hanno perso altre caratteristiche tipiche dei muscoli: elasticità, flessibilità e forza.
Sono questi gli aspetti che inducono gli amatori a non fare nulla che sia oltre un certo livello di sforzo, perché verificano che non possono farlo proprio per incapacità fisiche.
Per quei corridori ancora in grado di esprimere efficienza muscolare, le prove indicate sopra vanno svolte con un atteggiamento specifico: corsa rilassata e decontratta. Chi riesce a mantenere questo modo di correre sotto sforzo, si garantisce il controllo delle tensioni.
Quindi forte, ma con giudizio.
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